25 July 2013

10 cc dal vivo

Published on Topolino No. 1063, 11 April 1976
Pubblicato su Topolino No. 1063, 11 Aprile 1976

10 cc dal vivo
 Siamo andati a Manchester per sentire uno
dei piu quotati complessi rock inglesi: i 10 cc che stanno
avendo successo anche in Italia.


Manchester, Gran Bretagna. Una città grigia, industriale. Un numero di abitanti pari all'incirca a Bologna o Palermo. Free Trade Hall, nel centro della città. Un teatro affollato di giovanissimi. Pieni di colori. Impazienti. Sul palcoscenico ancora inanimato una jungla di strumenti, cavi, microfoni e altoparlanti. Di colpo si spengono le luci in sala. Gli strumenti del palcoscenico prendono vita illuminati dagli innumerevoli riflettori colorati. Un boato da football. Un applauso entusiasmante. I 10 cc sono in scena. Niente preamboli. Tocca alla musica, che si mette a sparare subito. Bella, decisa, pulita. Calda e fresca allo stesso tempo.


Lo spettacolo e partito. Il cielo opprimente e il freddo sono là, via da quei quattro ragazzi Lol Creme, Kevin Godley, Eric Stewart, Graham Gouldman. La formazione dei 10 cc nasce nel 1972. Li chiamano gli eredi dei Beatles, edizione anni 70. Indubbiamente la vena d'ironia, il comportamento scanzonato, la vitalità sembrano sottolinearlo. Si tratta di un sound che per molti tratti, soprattutto negli attacchi, si potrebbe dire figlio naturale di Paul McCartney. Una perfezione esecutiva, una pignoleria quasi ossessiva, che rende le esecuzioni dal vivo tali e quasi alle incisioni.

Affermati professionisti già da tempo, di netta matrice beatlesiana, i 
quattro componenti dei 10 cc in precedenza si chiamavano Hotlegs. 
Con questa etichetta sono entrati anche nella hit parade italiana col 45 
« Neandertal Man ». Recentemente, i 10 cc hanno fatto una tournée di 
grande successo negli Stati Uniti d'America, dove hanno toccato 107 
città, per un totale di 100.000 spettatori.

Ognuno di loro sa suonare strumenti diversi con la massima disinvoltura, facendo spettacolo e dando prova di bravura. Ma oltre al fatto musicale in sé, molto rilievo hanno anche i testi. Sono tutti interessanti, aderenti alla realtà, permeati da una sottile e talvolta graffiante presa in giro della realta. Uno smalto da autentici professionisti. Diversi stili che vanno dal rock al sudamericano al sentimentale. Un suonare asciutto, senza sbavature. Siamo sull'Olimpo del rock anglosassone. La cima di una musica che ti ricarica. E poco importa se intanto fuori da quel teatro pieno di colori e suoni la città è opaca. Il bello è lì. In mezzo a quella folla, al sole della musica.
Max Red

22 July 2013

I grandi amici di Topolino: Martha Argerich

Published on Topolino No. 1081, 15 August 1976
Pubblicato su Topolino No. 1081, 15 Agosto 1976

I grandi amici di Topolino
Martha Argerich


Virtuosa di grande energia tecnica ed espressiva, di tocco limpidissimo ed estremamente preciso. Così l'hanno definita i critici; e i Tedeschi, che di pianisti se ne intendono, e in fatto di musica sono di gusti motto difficili, l'hanno compresa in un album illustrato di grosse Pianisten, di grandi pianisti, cioè, che comincia con Mozart e finisce proprio con lei, Martha Argerich, Il confronto con Mozart è meritato. Come il grande pianista-compositore di Salisburgo, Martha Argerich è sempre stata un prodigio di musicalità. Le sue mani, forti e aggressive e delicate al tempo stesso, sono capaci di rendere con somma sapienza e amore l'armonia di quaisiasi spartito; che esso rechi la firma di Schumann, di Beethoven o di Prokofiev.

Nata in Argentina, a Buenos Aires, trent'anni fa, Martha Argerich e una donna moderna, anticonformista, di carattere un po' spigoloso. Alta e slanciata, il portamento eretto e pieno di grazia, non è un « personaggio » molto facile da definire. Possiede però, grazie al cielo, una carica emotiva di tale trasparenza, che non è difficile intuire in lei un temperamento dirompente.

Martha Argerich insieme con un celebre collega, il pianista Arthur Rubinstein. 
La Argerich, che è nata a Buenos Aires trent'anni fa, è sposata con un direttore 
d'orchestra, e ha un bambino di due anni. Ha cominciato a suonare giovanissima.

La sua carriera e tutta una lunga collezione di riconoscimenti: dal premio Busoni, ottenuto a Bolzano nel 1961, alla conquista del primo posto nel concorso internazionale di Ginevra (sempre nel '61); dal premio Chopin, assegnatole a Varsavia, ai premi Mazurka e Valzer, tributatile (sempre in Polonia) per la perfetta esecuzione pianistica di queste danze...
Certo, dietro questi riconoscimenti ci sono anni e anni di studio, di fatiche, di sacrifici. Martha Argerich ha studiato a Buenos Aires insieme con Vincenzo Scaramuzza (un maestro italiano che nella capitale argentina ha creato una scuola pianistica molto quotata); a Vienna col maestro Guida; a Ginevra con madame Lifatti e Nikita Magaloff; e si è infine perfezionata in Italia con il nostro Benedetti Michelangeli. Con quest'ultimo ha studiato per due anni a Moncalieri; ed è per ciò che, oltre all'italiano, allo spagnolo, al francese, al tedesco e all'inglese, parla anche... il piemontese, come una vera « bôgianen ».

Una suggestiva immagine di Martha Argerich al piano.

Sposata a un direttore d'orchestra, la nostra grande amica ha un bambino di un paio d'anni. « Se un giorno mio figlio dovesse intraprendere la mia stessa carriera », dice, « sarei contenta o no? Non lo so. I sacrifici che ho affrontato per diventare concertista sono stati enormi. Ma oggi, quando vedo il pubblico in delirio, sento qualcosa che mi stringe il cuore. È come se il tuffo nella musica si prolungasse oltre il concerto...»   
E continua: « Ci sono momenti in cui la musica prende il sopravvento fino a sgomentarmi. Succede
quando, per esempio, sento una frase in orchestra che devo ripetere al piano, o quando sono alle prese con un passaggio di intensa espressività... Allora penso alla bellezza della composizione e mi riesce difficile non lasciarmi trascinare. Ma non devo. Il pianoforte è tecnica oltre che cuore, guai a lasciarsi trasportare. L'ideale, comunque, e di equilibrare tecnica ed emozione. Prendiamo, per esempiio, Rachmaninov, e di Rachmaninov il concerto tanto famoso e giustamente celebrato. È una musica piena di colore, romantica, ma anche un po' plateale. Ebbene, è appunto la platealità di questa musica che mi trascina. Vorrei che i ragazzi capissero cosa voglio dire... »

Martha Argerich mentre fuma una delle sue 
innumerevoli sigarette quotidiane. La Argerich ha 
dato e dà concerti in tutti i maggiori teatri del mondo,
 e ha anche inciso moltissimi dischi.

A proposito di ragazzi, Martha Argerich ha un ricordo bellissimo. Un giorno, a Buenos Aires, passava con suo marito per un  parco, quando le si offerse uno spettacolo emozionante. Una scolaresca di ragazzi e ragazze stava  provando una pantomima all'aperto. La pianista sudava per tenere il tempo, la maestra dirigeva la scolaresca con gran fatica e calore. « A un tratto, durante un largo di Mozart, vidi trenta ragazzi, tutti insieme, cambiare espressione, accennare i passi di danza come in estasi. Che cosa era successo? Era successo che quei trenta ragazzi, senza averne coscienza, senza che nessuno li istruisse, avevano afferrato l'istante della musica che rapisce! » Inutile dire che Martha Argerich ha suonato in tutto il mondo, e in tutto il mondo ha riscosso trionfi. Inutile dire che il suo repertorio e vastissimo.
La sua passione è la letteratura; il suo hobby, un hobby insolito, anche tra gli artisti: colleziona animali di pezza. Ne ha la casa piena. La collezione comprende anche molti personaggi Disney. E Martha, molto spesso, si esercita al piano davanti a... Pluto o a Ezechiele Lupo. « Suono per i miei animali e per mio figlio, e a volte interrompo Beethoven o Prokofiev per accennare qualche ninna-nanna o qualche pezzo grottesco. Mio figlio agita festosamente le manine, e i miei animali, pure senza muoversi, sembra facciano segni di assenso. E io sono felice! »
Walter Ricci

20 July 2013

Teresa De Sio: "ô viaggio pe na terra nova"

Published on Topolino No. 1319, 8 March 1981
Pubblicato su Topolino No. 1319, 8 Marzo 1981

Teresa De Sio 
 "ô viaggio pe na terra nova"

 Foto Olympia e Roberto Masotti

Proprio in questi giorni sta ultimando un tour italiano in cui ha cantato in tutte le maggiori città. Teresa De Sio, venticinque anni, Napoletana, segno dello Scorpione, personcina minuta, voce straordinaria che sembra uno strumento musicale. Circa quattro anni fa faceva parte del gruppo Musica Nova che, diretto da Eugenio Bennato, riuniva musicisti come Toni Esposito, Gigi De Rienzo, Roberto Fix. Con loro Teresa ha svolto ricerca sulle radici popolari musicali, sfociata in Villanelle Cinquecentesche, album curato da Bennato. Oggi, Teresa si è messa in proprio. L'LP Sulla Terra sulla Luna è il frutto di questa autonomia. È un viaggio «pe na terra nova», attraverso cioè la musica, dove ci accompagna la voce di Teresa. 


Le musiche sono di Gigi De Rienzo; i testi (motto poetici) e l'interpretazione sono di Teresa che ha usato le parole come tanti suoni, ricorrendo al napoletano perché più malleabile della lingua italiana. Le canzoni hanno ritmi incalzanti e melodie morbide. Ci sono richiami rock, jazz e dichiarate tarantelle, in un uso sempre severo e dignitoso. Un'opera prima, questa, di grande efficacia e di talento. Una curiosità: la musica del brano Nanninella è di Pino Daniele.
Max Red 

18 July 2013

Hello, Goggi (Nel senso di Loretta)

Published on Topolino No. 1336, 5 July 1981
Pubblicato su Topolino No. 1336, 5 Luglio 1981

Hello, Goggi 
(Nel senso di Loretta)

Attrice, cantante, ballerina, brillante show girl, la Goggi calca le scene dal 1961. nel mese d'agosto sarà in giro per l'Italia in un tour canoro; a settembre apparirà in tv, su Canale 5, con un show tutto suo. Hello, Goggi.


A trentuno anni, Loretta Goggi (è nata a Roma il 29 settembre del '50) è uno dei volti piu noti del mondo dello spettacolo. All'ultimo Sanremo si è piazzata seconda con la canzone Maledetta primavera. In questi giorni sta registrando, negli studi della emittente privata Canale 5, uno show di tredici puntate, in programma per settembre, intitolato Hello, Goggi. Un varietà dove Loretta è la mattatrice. Durante una pausa abbiamo avuto occasione di fare quattro chiacchiere con lei. È nel suo camerino davanti allo specchio del trucco. Indossa una camicetta bianca e una gonna ampia, color antracite, con pizzi bianchi in fondo. Mentre parliamo, il truccatore si occupa del maquillage di Loretta: qualche colpo di phön ai capelli, rimmel e matita per gli occhi, un po' di cipria...

"Hello, Goggi" che genere di trasmissione è? «È una trasmissione nella quale l'unico personaggio fisso sono io. A parte naturalmente l'equipe del regista, coreografo, eccetera, eccetera. È una trasmissione molto libera. Non c'è uno schema preciso, fisso. C'è la possibilità di fare in tutti i modi spettacolo, con grande libertà: dal cabaret, alle canzoni, ai numeri di mimo, ai balletti, e tantissime cose. È tu balli, mimi, canti? «Si, tutto. Tutto, tutto. Non solo io, intendiamoci. Ci sono tantissimi ospiti: dai cantanti di chiara fama (tra cui Aznavour, Leo Ferré, Renato Rascel, Dalidà, Norma Jordan), a cabarettisti (come Massimo Boldi, Teocoli, Felice Andreasi, Maurizio Micheli), percussionisti (Tony Esposito, Tullio Depiscopo). C'è di tutto. È veramente uno spettacolo molto aperto.»


Tu hai due sorelle: Liliana, maggiore di te, e Daniela, piu giovane, anch'essa inserita nel mondo dello spettacolo. Il fatto di aver intitolato questo show "Hello, Goggi" significa che di Goggi ce n'è una sola, cioè Loretta? «No. Si tratta di un modo abbastanza cameratesco di salutarci. Nel nostro ambiente difficilmente ci si chiama per nome. Tra di noi, quando ci si iricontra, si dice "Ciao, Goggi!", "Ciao, Trapani!", "Ciao, De Vita!". Non diciamo mai "Ciao, Enzo!", "Ciao, Tony!". Come a scuola, no? L'insegnante ti chiama per cognome. Uguale è nel nostro ambiente.» È bello il tuo ambiente? «A me piace molto.» Perchè?
Perchè mi dà modo di trovarmi sempre a mio agio, di scoprire tantissime cose e nella gente e nell'arte. Ti mette a contatto col pubblico, con tremila situazioni talmente diverse e, nello stesso tempo, mi permette di fare le cose che so fare.»

Sei soddisfatta dei traguardi che hai raggiunto? «Si, anche se non voglio porre un termine assolutamente. Nel senso che credo di avere tante altre cose da scoprire, da imparare. Però sicuramente il livello di quello che sono riuscita a fare è già soddisfacente.» Il tuo prossimo LP, che uscirà a settembre, ha già un titolo? «No, perchè lo sto facendo molto lentamente, cercando con attenzione e con cura tutti i pezzi: me ne mancano ancora due o tre. C'è però un filo conduttore. Nel senso che è un LP che parla di una donna di 30 anni, che fa il mio mestiere e che vive le esperienze che può vivere una in questo ambiente, essendo donna, essendo essere umano.» È un LP autobiografico? «Ecco si, è un LP autobiografico, quasi. Quasi, perchè ci sono licenze poetiche, atmosfere da creare. Perciò non posso dire che parola per parola sia tutto vero. Ma c'è ugualmente tanto di me.»


Tu sei allegra o melanconica? «Sono tutt'e due. Sono una persona molto passionale e di conseguenza vivo tutte le cose the mi capitano con grande intensità, siano esse cose spiacevoli o cose felici. Direi che non sono una persona piatta, una persona... come si dice... incasellabile.» Tu sei del segno della Bilancia. Credi agli oroscopi? «Io credo all'astrologia, non all'oroscopo, nel senso di quello the ti succederà domani o oggi. Però all'astrologia credo. Tanto è vero che io della Bilancia ho moltissime caratteristiche.» Quali sono queste caratteristiche? «Be', per esempio, è un segno che adora l'armonia, la giustizia, ha molto senso dell'estetica, è il segno simbolo della socievolezza. È un segno molto femminile, ha momenti di grande entusiasmo e momenti di grande prostrazione. La Bilancia dovrebbe poi essere volubile e io in questo non mi ritrovo perchè ho l'ascendente nel segno del Toro che è molto positivo, molto costante, molto per terra.»


Pensi di piacere di piu ai giovani o agli adulti? «Non ho mai fatto una indagine in questo senso e ritengo che il mio pubblico sia un po' tutto. Ricevo lettere da bambini, come da adulti, da ragazzi...» E cosa ti scrivono? «Di tutto. Dal mandarmi regali e ricordarsi i compleanni che neanch'io mi ricordo, a consigli su come intraprendere il mio mestiere, alla semplice fotografia, alle domande di matrimonio, a "Posso venirti a trovare?", "Vieni ospite a casa mia?". Di tutto. Poi c'è pure l'ecologo.» L'ecologo? «Eh, si, uno che mi ha querelato per Maledetta primavera perchè, secondo lui, ho offeso l'unica cosa pulita che esiste in questo momento.» Ma ora è tempo di sgomberare il campo. Loretta deve finire di cambiarsi e le telecamere l'aspettano. Per farcela vedere a settembre in Hello, Goggi.
Max Red

13 July 2013

Immersione nel futuro

Published on Topolino No. 1375, 4 April 1982
Pubblicato su Topolino No. 1375, 4 Aprile 1982


Jacques Yves Cousteau
Le grandi avventure sotto il mare
Immersione nel futuro
Un futuro che, però, è gia presente. Le esperienze di Precontinente 1, 2 e 3, per 
portare l'uomo a lavorare ben oltre i 100 metri di profondità.

Jacques Yves Cousteau è nato 71 anni fa nella Gironda, in Francia. Ha dedicato un'intera vita all'esplorazione subacquea e alla ricerca, in difesa di un mondo che negli anni a venire, forse piu che nel passato, rappresenterà per l'uomo fonte di ricchezza, di bellezza e di vita. Le esperienze di Cousteau, i suoi studi, la sua vita sull'ormai mitica nave Calypso, sono raccolti in libri e documentari cinematografici noti in tutto il mondo. In Italia, proprio in questi giorni, sono uscite le prime dispense dell'enciclopedia «Pianeta Mare» di Jacques Yves Cousteau, curata dal Gruppo Editoriale Fabbri, e dalla quale sono tratte le fotografie di questo servizio.  


Una passione: il mare. Un sogno divenuto realtà: far si che l'uomo possa vivere e lavorare sott' acqua. Jacques Yves Cousteau, scienziato, ricercatore, scrittore, esploratore, si è immerso nel futuro. Un futuro, però, che è già oggi e si chiama Precontinente 1, 2 e 3. Ovvero: la vita dell' uomo a 10, 25, 100 metri di profondità.

Nelle acque dell'lsola di Pomègue, vicino a Marsiglia, la 
Calypso trasporta una strana «botte»: è Diogene, la 
prima casa sottomarina.

Due uomini, Albert Falco e Claude Wesly, vivranno qui 
dentro per una settimana, lavorando in una zona di mare 
fra i 10 e i 25 metri di profondità. L'operazione si chiama 
Precontinente 1.

Cos'è il Precontinente, lo dice la parola stessa: ciò che viene prima del continente. È quella parte di terra sommersa the scende sino a 250-300 metri. È, insomma, il continente the prosegue sott'acqua. Miliardi di anni fa, terra emersa; oggi, coperta dal mare. È un enorme gradino (zoccolo) che porta ai grandi abissi.
È in questa fascia the esistono i grandi giacimenti di petrolio ed è qui che si svilupperanno (già in America c'è qualche esperimento in atto) allevamenti intensivi di pesce.


Nella casa a stella di Precontinete 2, vissero cinque «oceanauti» a 10 metri di 
profondità. Dentro c,è spogliatoio, docce, soggiorno, cuccette, cucina e un
 laboratorio. 

 Il batidisco entra nel «garage» che fa parte del «vilaggio».

La prima esperienza, ovvero Precontinente 1, risale al 1960-1961. Cousteau organizza, nel mare antistante Marsiglia, la vita di due uomini, per una settimana, a dieci metri di profondità. La loro «abitazione» si chiama Diogene ed è un cilindro, nel quale i sub respirano aria. I due uomini escono dal cilindro per lavorare sino a 25 metri di profondità. All'interno di Diogene la pressione è uguale a quella esterna e, per risalire in superficie, i sub hanno bisogno di un periodo di decompressione di 24 ore. È necessario, quindi, un giorno per sciogliere l'azoto che si è accumulato nel sangue in sette giorni di permanenza a 10 metri di profondità.

Precontinente 1 è il primo passo, o meglio, la somma dei primi passi fatti dal «comandante», dal 1940, sulla strada che deve portare l'uomo a lavorare sott'acqua.

Cousteau non è certo uomo da fermarsi qui. Il suo obiettivo e molto piu lontano e, nel 1963, realizza un secondo progetto ancora piu ambizioso: un intero villaggio sottomarino. La località scelta e il Mar Rosso. A 10 metri di profondità vengono piazzati una casa per cinque persone, un garage per il batidisco, e un centro di allevamento di pesci.

Un'altra casa, con due uomini, viene, invece, realizzata a 25 metri. In quest'ultima i sub respirano elio e non piu aria. La scelta dell'elio è uno dei punti di forza di Cousteau e dei suoi studi sulla tecnica subacquea. L' uso dell'elio, gas leggero e con poca densità anche quando e sottoposto a forti pressioni, permette di scendere sino a 500-600 metri, cioè a profondità in cui l'aria avrebbe una densità piu o meno simile a quella di un pezzo di legno.

In Precontinente 2, due uomini lavorano per una settimana sino a 75 metri di profondità, studiando la vita dei coralli e i pescecani, mentre i cinque uomini a 10 metri stanno sott'acqua un mese intero.


 Gli «scooter sottomarini» (in alto) e le «pulci», (qui sopra) sono realizzati
da Cousteau, insieme al batidisco, per l'esplorazlone dei mari e il lavoro 

dell'uomo sott'acqua. Le «pulci» sono monoposto e possono scendere 
sino a 500 metri.

Le esperienze accumulate in Precontinente 1 e 2, portano Jacques Yves Cousteau alla terza fase: Precontinente 3. Una porta che si apre sulla soglia dei 100 metri di profondità, dove la notte è perenne, uno sguardo verso i grandi abissi. Qui per un mese sei uomini vivono a 100 metri di profondità e lavorano a 120-130 metri. I sub sono rinchiusi in una sfera di sei metri di diametro, appoggiata sul fondo della rada di Villefrance.

E oggi? A che punto siamo? L'uomo oggi scende sino a 500 metri. A questa profondità riesce a lavorare, sostando per periodi relativamente lunghi.

In Precontinente 3 sei sub hanno vissuto in una grande sfera (6 m di 
diametro) per un mese a 100 metri di profondità.

Per arrivare a tanto, si e studiato, sperimentato, elaborato esperienze proprie e altrui. Cousteau e i suoi uomini sono stati i pionieri che hanno contribuito a superare problemi che, per anni e anni, sono apparsi insormontabili. È stato superato il freddo che, gia a pochi metri di profondità, avvolge il sub e che a accentuato dalla presenza dell'elio nelle case sottomarine. Per questo sono state impiegate mute riscaldate ad acqua oppure elettricamente. È stato superato il problema delle comunicazioni, grazie all'inserimento di radio negli scafandri carenati. Ed è stato anche superato, almeno in parte, il cosiddetto effetto della «voce di Paperino». Nelle abitazioni dove i sub respirano elio, le corde vocali non vibrano e quindi la voce esce storpiata e stridula. Per evitare ciò, può essere usata una maschera con del gas (il neon) che ristabilisca un'atmosfera simile a quella terrestre.

L'uomo, dunque, dai primi tuffi di qualche decina d'anni fa, che lo portavano a pochi metri sotto il livello dell'acqua, è arrivato a profondita che toccano il mezzo chilometro. Ormai ha a portata di mano le immense ricchezze di un mondo meraviglioso, ma neppure i 500 metri di profondità rappresentano l'obiettivo finale. Oggi gli uomini stanno scendendo ancora, per andare piu lontano. Verso gli abissi di cui ancora troppo poco si conosce.


Le fotografie sono state tratte dall'enciclopedia Pianeta Mare di Cousteau, curata dal Gruppo Editorale Fabbri.
 

12 July 2013

I grandi amici di Topolino: Michele Placido

Published on Topolino No. 1114, 3 April 1977
Pubblicato su Topolino No. 1114, 3 Aprile 1977

I grandi amici di Topolino
Michele Placido


Capita, a volte, che un attore dimentichi di farsi vedere nell'ora e nel luogo fissati per un'intervista. Ma non e mai capitato che un attore dimenticasse l'intervista... perche si e recato a spasso con Lola. Siamo riusciti ad « acciuffare » Michele Placido al suo rientro, quando ormai avevamo perso tutte le speranze. Lola, accanto a lui, si dimenava beatamente, come se non c'entrasse nulla col ritardo. « Aveva voglia di fare quattro passi, cosi l'ho portata fuori. Purtroppo, i quattro passi sono diventati... otto. Ma i desideri di Lola sono ordini per me. Di tipi come lei non se ne incontrano facilmente. Era la mascotte del musicista di una troupe. Poi si accorse che l'amore di lui non era piu vero amore, e passò con il regista. Quando arrivai io, Lola, bastarda di rango, optò definitivamente per me. »

Lola e dunque... una cagnetta? Si, ma una cagnetta cosi orgogliosa, cosi educata, che tutti vorrebbero tenerla. A tutto può rinunciare Lola, ma non alla sua libertà. Nata nei bassi di Napoli, abituata ai maltrattamenti, ai canili, ai secchi d'acqua gelata, e sopravvissuta a tutto. E ha imparato a non disturbare nessuno... »


E, una volta conosciuta Lola (visto che Michele ci teneva), parliamo di lui. Ragazzo straordinario, intelligente, sportivo, pieno di vita, Michele Placido, spavaldo in apparenza, e in realtà, come tutti gli spavaldi, un tantino timido. « Di solito vado matto per le interviste: perche ci si occupa di me, mi sembra di essere dallo psicanalista, mi rilassano. Ma l'idea di un'intervista con... Topolino mi spaventa. Ho paura che i ragazzi non mi prendano sul serio. » E allora, comportati da ragazzo. I ragazzi si prendono sempre sul serio tra di loro. » « Va bene, allora. Ti parlerò delle mie figurine. Da piccolo, quando vivevo ancora ad Ascoli Satriano, il paese dove sono nato, passavo le giornate a giocare con le figurine dei calciatori. Ne avevo tante da mettere insieme un intero campionato. Ed era appunto quello che facevo. Compilavo un calendario annuale degli incontri, poi chiamavo i miei fratelli (ne ho sei) e facevamo le partite. Alla sera, accoccolato dietro una seggiola, con il muso tra lo schienale, imitavo il... televisore. Ero, insomma, un po' Bernardini e un po' Carosio. »

Cosi ti si e sciolto lo scilinguagnolo, e sei passato al palcoscenico... « Si, ma prima salutai la famiglia e andai a Roma. Avevo diciotto anni. A Roma entrai tra i vigili del fuoco e imparai a saltare, a scavalcare ostacoli, a far capriole. Mi mancava solo il salto mortale. A questo punto, diventai poliziotto. Ma non mi bastava. E nello stesso tempo non mi piaceva. Quasi quasi, tra un ladro e un poliziotto che lo insegue, io faccio il tifo... per il ladro. Cosi, nel frattempo m'iscrissi all'Accademia d'Arte Drammatica... »

« E arrivò il teatro? » « Arrivò Luca Rancani con il suo Orlando Furioso. Al seguito di Ronconi e della sua troupe girai mezzo mondo. Poi venne la televisione, e diventai... Il picciotto. Naturalmente, prima mi toccò prendere lezioni di lingua sicula... Altrimenti, che picciotto sarei mai stato? »


« E il cinema? » « II cinema venne dopo. Ho girato diversi film: una mezza dozzina hanno avuto un enorme successo. Il più importante e stato però Romanzo popolare, di Monicelli. Ci ho lavorato accanto a Tognazzi e Ornella Muti. Ma, del resto; ho lavorato un po' con tutti. Per esempio, con Monica Vitti in Teresa la ladra, e con Franco Nero in Marcia trioniale. »

Tutto qui? Tutto qui, sì. Ma Michele e ormai diventato un personaggio popolare (« Mi piace essere riconosciuto per la strada, se non mi notano mi dà persino un po' fastidio »), uno dei giovani attori coi quali il produttore va a colpo sicuro. Ragazzo impegnato, ama motto la musica, la voce di Sara Vaughn, di Renata Tebaldi, di Franco Corelli. Ha una ricca collezione di dischi degli anni trenta e tutte le incisioni di Glenn Miller. Fra i classici, predilige la Lucia di Donizetti e le sinfonie di Bruckner. È amicissimo di Riccardo Muti, il grande direttore d'orchestra. E di Topolino. Ma questo lo sapevamo.
 Walter Ricci

10 July 2013

Una storia: Genesis

Published on Topolino No. 1358, 6 December 1981
Pubblicato su Topolino No. 1358, 6 Dicembre 1981

Una storia: Genesis
Nati net 1969, esponenti del genere rock romantico,
hanno pubblicato in questi giorni il loro 13° LP.

I Genesis 1981: da sinistra, Mike Rutherford, 
Phil Collins, Tony Banks. 

In Europa, i primi a scoprire i Genesis sono stati i fans italiani, quando il gruppo inglese venne in tour in Italia nel 1973. Il successo che ottennero fu tale the risvegliò l'interesse generale al di fuori dell'Inghilterra. Dopo d'allora, purtroppo, il complesso non è piu venuto in Italia, a parte qualche fugace apparizione per promuovere il disco the avevano appena pubblicato. Cosi infatti e accaduto il 26 settembre scorso: i Genesis hanno suonato alla 17° Mostra della Musica Leggera di Venezia, dove hanno presentato il brano the dà it titolo al loro ultimissimo LP: Abacab, una parola the sembra uscita da una fiaba. Abacab è il tredicesimo album dei Genesis. Il gruppo nasce nel 1969 dall' unione di tre studenti di liceo artistico the compongono musica di genere pop: Peter Gabriel (voce e flauto), Mike Rutherford (basso), Tony Banks (tastiere e sintetizzatori). La formazione dei Genesis cambia piu volte nel corso degli anni. All'inizio, ai tre soci fondatori si uniscono il chitarrista Anthony Phillips e il batterista John Mayhew che abbandoneranno il gruppo nel 1971. Questo quintetto realizza due LP: From Genesis To Revelation (titolo che dà nome al gruppo) e Trepass. Il primo disco passà pressochè inosservato, mentre il secondo fa acquistare credibilittà al gruppo.

Siamo nel 1973: da sinistra, Phil Collins, Peter Gabriel, Tony Banks, 
Mike Rutherford, Steve Hackett.

Nel giugno del 1970, anno in cui vede la luce Trepass, nella colonna degli annunci di Melody Maker, giornale inglese di musica pop, si legge questo annuncio: «Giovane complesso con un disco alle spalle cerca batterista in linea coi nuovi stili della musica pop» Il complesso the cerca il batterista è quello dei Genesis e all'audizione si presentano 15 candidati. Il migliore è un ventenne, di Chiswich, Londra. Si chiama Phil Collins che quest'anno ha pubblicato l'album solo Face Value con grande successo. Cosi, Phil rimpiazza il dimissionario John Mayhew, mentre Anthony Phillips viene sostituito da Steve Hackett. La formazione acquista maggiore compattezza e ne guadagna la qualità delta loro musica. Nel 1971 esce cosi l'LP Nursery Crime. Grazie alle grandi qualità teatrali di Peter Gabriel, i Genesis sono in grado di esibirsi dal vivo in veri e propri spettacolari concerti che, di volta in volta, sono sempre piu raffinati. Seguono gli album Foxtrot (1972), Genesis Live (album dal vivo del 1973, che precede la loro apparizione al Festival di Reading) e Selling England By The Pound (1973). Quest ultimo disco, unito alle affinate qualità sceniche, impone i Genesis a livello internazionale. L'anno successivo infatti, il gruppo è negli USA, dove allestiscono uno show ambizioso, basato su un LP doppio: The Lamb Down On Broadway. Si tratta di una rappresentazione spettacolare per quell'epoca: imponenti giochi di luce con largo uso di maschere e costumi da parte di Gabriel. Il quintetto ora vende milioni di dischi in tutto il mondo.

 I Genesis in concerto nel 1980

Il loro è un rock romantico, un «pop neo classico», come viene definito, ricco di sofisticate orchestrazioni e di insoliti riferimenti culturali nei testi. Soprattutto in Italia (come s'è detto) e negli USA, i Genesis hanno ormai una vastissima popolarità. Ma col 1975, anche Gabriel lascia i Genesis. Collins è convinto dai compagni a prendere il posto di voce solista rimasto vacante, scoprendo inaspettate qualità vocali. È quindi l'epoca di A Trick Of The Tail e Wind And Wuthering, entrambi del '76. L'anno dopo i Genesis tengono una serie di concerti e a ottobre esce it doppio Seconds Out. Proprio poco prima che Steve Hackett se ne vada anche lui. Cosi, l'anno dopo, Tony, Mike e Phil incidono And Then We Are Three (E allora siamo rimasti in tre). Da questo momento la formazione non muta piu. Segue nel 1979 un tour mondiale, nel 1980 l'LP Duke e ora Abacab

Proprio in questi giorni, Armando Gallo, giornalista specializzato, ha pubblicato una monumentale biografia di questo gruppo, intitolata Genesis la loro leggenda, riccamente illustrata.
Foto Ghigo Agosti, Bruno Marzi e Polygram

8 July 2013

I grandi amici di Topolino: Claudio Baglioni

Published on Topolino No. 1126, 26 June 1977
Pubblicato su Topolino No. 1126, 26 Giugno 1977

I grandi amici di Topolino
 Claudio Baglioni


Un tempo, gli amici lo chiamavano « Agonia ». Era un tipo timido, introverso. Di poche parole. Portava occhiali con lenti affumicate. Non per posa, ma per difendersi. Nella sensibilità, che è una faccenda a forma di cassa armonica. Dove i fruscii diventano tuoni. É un po' come quando ti senti i posti e le persone fuori misura. A diciassette anni. E allora una chitarra può diventare la tua medicina. « La chitarra per me è stato un mezzo per entrare nell`ambito degli amici, per farmi accettare e per comunicare. »
È Claudio Baglioni che mi parla. Mattina, il viso un po' assonnato. Ci sono stati numerosi bis, ieri sera. Il pubblico era tutto giovane, giovanissimo. Un mare di ragazze e ragazzi. Con una gran voglia di sentire Claudio cantare. Quelle sue canzoni fatte di immagini, di piccole verità ironiche, vestite di malinconia. Come un clown. Che tutto sommato non fa ridere, anche se i colori del volto sono sgargianti, freschi.

Baglioni ha scritto piu di cento canzoni in tutta la sua carriera. È nato a Roma il 16 maggio 1951. Per lui, fare canzoni è un po' come andare a pesca di perle. Quelle vere, che non sono sassolini ricoperti. E io credo che Claudio sia un pescatore non ancora stanco. Con tanta voglia di tuffarsi, anche dopo anni di successo.


Di certo, Claudio, quando prese a fare i primi accordi sulla chitarra, non pensava al successo che sarebbe arrivato e alle canzoni che sarebbero piaciute tanto. Anche quando, nel 1969, Baglioni esordi al Festival degli Sconosciuti di Ariccia, con Yesterday. Anche quando mise su complessini dal nome I Beatles N. 2 o Le nuove immagini. Invece quello che era un hobby, un « ricostituente » per vincere la timidezza, è diventato il suo modo di esprimersi, di comunicare, di raccontare le sue verità.
La sua prima canzone e stata Signora Lia, un lavoro delicato che ha segnato l'inizio del modo di fare canzoni alla Baglioni: immagini che suggeriscono sensazioni dentro di te, interpretabili come vuoi tu, con un'eco personalissima. Un sistema di « suoni rimbalzati » che ti fa sentire tua una canzone che tu non hai scritto, ma che ascolti soltanto.

Fino ad oggi, Claudio ha completato cinque LP: Questo piccolo grande amore, Gira che ti gira amore bello, E tu, Sabato pomeriggio e, l'ultimo, Solo. Ognuno di questi lavori ha tenuto testa nelle classifiche per decine di settimane. Tra tutti e cinque quello piu atteso, è stato il 33 Solo, che è apparso dopo un anno e mezzo di silenzio. Perchè questo silenzio? « Perchè con l'LP Sabato pomeriggio mi sentivo soffocato dal successo, da quattro anni di lavoro ». E Claudio aveva bisogno di un po' di calma. Di ritrovare se stesso. È importante quando fai cose a cui tieni, che ti piacciono.


« C'e voluto un anno e mezzo, come uno che impiega tempo, per guadagnare tempo ». Intanto ha fatto un giro in Sud America. « Un po' perché avevo bisogno di una botta di fiducia in me stesso, poi per scoprire che in Brasile, è incredibilmente vero: la musica è un modo di vivere, laggiù tutto gira a suon di musica, di samba. Poi per rivedere il mio maestro di musica, l'argentino Nicolas Amato che, quando abitava a Roma, m'aveva insegnato a suonare piano e chitarra. » E bisogna dire piutosto bene. Ieri sera Claudio ne ha dato un'ampia dimostrazione. Per un pubblico che all'attacco di ogni canzone, dopo solo due o tre note, scoppiava in applausi e acclamazioni. Soprattutto per quelle recenti, del suo ultimo LP, realizzato da un Baglioni ricaricato dove parla della solitudine come tema principale, e che ha fatto tutto da solo. Una prova e una dimostrazione di bravura e sensibilità. « Per ritrovare fiducia in me stesso. »

Un viso simpatico, quello di Baglioni mentre mi parla con semplicità. Pronto ad allargarsi in un sorriso. Un'aria tra il serio e lo scanzonato, sciolta. Come se dicesse: quello che vedete qui, sono io veramente. Lo stesso cheieri sera era sul palco. Uguale. Una medaglia con una faccia sola.
Max Red

5 July 2013

I grandi amici di Topolino: Emerson Fittipaldi

Published on Topolino No. 1053, 1 February 1976
Pubblicato su Topolino No. 1053, 1 Febbraio 1976

I grandi amici di Topolino
 Emerson Fittipaldi


È giorno di prove per il Gran Premio d'Italia a Monza, e il ricovero macchine rigurgita di... non addetti ai lavori. Accanto al furgone che ospitava Emerson Fittipaldi, la ressa è indescrivibile. Chiedo a un severo usciere di tipica... marca anglosassone di annunciarmi. La risposta, cortese ma perentoria, è di pazientare un poco.
Salgo gli scalini e, affacciandomi all'ingresso, vedo Fittipaldi in compagnia delta moglie Maria Helena. Scuro in volto, è intento a radersi. Dopo l'ultima mano di rasoio, si inizia l'estenuante impresa della vestizione. Prima vengono provate, per trovare la misura adatta, ben cinque tute antincendio; poi, non so quante paia di calze; infine, le speciali scarpette fatte apposta per aderire il piu possibile ai pedali.
Un'ora e mezza di attesa, e finalmente vengo ammesso al colloquio, ottenendo la sospirata foto con dedica per gli amici di Topolino. Al momento del congedo, però, Fittipaldi rivuole indietro la foto. Perche, dice, lo fa troppo... truce. Cosi dicendo, il viso gli si distende in una risata molto cordiale.

 11 febbraio '73. Fittipaldi sul podio dopo aver vinto il G.P. del Brasile.

Il vero incontro con Emerson Fittipaldi comincia qui. Ed è l'incontro con un uomo ricco di umorismo, straordinariamente affabile e generoso. Animo autenticamente sportivo, in questo momento, mentre è per lui già scontata la smobilitazione dal titolo di Campione del Mondo, mi assicura che correrà solo per il prestigio, senza rivendicazioni o invidie di sorta.
Di origine lucana, figlio di un giornalista, Fittipaldi e nato il 12 dicembre '46 a San Paolo del Brasile. Con i suoi 29 anni è, dunque, uno dei piloti piu anziani attualmente in Formula Uno. Ciò che non gli ha impedito di arricchire il proprio medagliere di ben due titoli mondiali: uno conseguito nel '72, su Lotus-Ford, e uno nel '74, su McLaren-Ford.



La sua carriera automobilistica e cominciata nel 1965. Nel 1970 ha corso la prima gara valida per il titolo mondiale: il G. P. d'Inghilterra. Sempre nello stesso anno, al G. P. degli Stati Uniti, a bordo di una Lotus-Ford, ha conseguito la prima vittoria del mondiale piloti.
Ma Fittipaldi si 6 anche, piu volte, brillantemente affermato in prove extra campionato. A suo tempo, qualcuno lo aveva accusato di sfruttare gli errori degli altri: accusa del tutto infondata, e sufficientemente controbattuta dal secondo posto che il campione si è aggiudicato al G. P. d'Italia di quest'anno, e dall'opinione sia del pubblico, sia degli esperti, che considerano Fittipaldi un campione completo. Come se non bastasse, recentemente una giuria di giornalisti di tutto il mondo lo ha giudicato il pilota piu combattivo del '75. Sulla stessa lista, Niki Lauda, neo-campione del mondo, è al decimo posto.

Fittipaldi col tratello Wilson, pilota come lui. 

 Due volte « mondiale », come abbiamo già detto, Fittipaldi potrebbe ormai tirare i remi in barca. Ma non lo fa. E non perchè tenga particolarmente al titolo di « rey », di re, che i suoi connazionali gli hanno assegnato, considerandolo il Pelè dell'automobilismo; ma perchè, come egli stesso ammette, « si diverte ancora moltissimo a correre in automobile ».
E, a proposito di automobile, quella che lo « accompagnerà » nell'annata sportiva '76 non sara più (come ha già clamorosamente annunciato) la McLaren, ma la Copersucar. Per il nostro campione, è un sogno che si avvera: quello di guidare, finalmente, una macchina brasiliana. Anche se ammette che, come macchina, non ha nulla di particolare. « Una parte meccanica molto pratica e semplice, una linea aerodinamica simile alla Shadow, alla Tyrrel e alla McLaren. Il motore a sempre il collaudato Ford. »
Nicolò Carosio

1 July 2013

La crociera verde

Published on Topolino No. 1074, 27 June 1976
Pubblicato su Topolino No. 1074, 27 Giugno 1976

La Crociera verde
Fotoservizio AREPI

Chi baratterebbe la terraferma con la meno ferma tolda d'una nave? Chi? Molti, moltissimi... Li trattiene la scuola, li trattiene il lavoro, li trattiene la mancanza d'un'imbarcazione, la mancanza di soldi, la mancanza di tempo... Per uno che parte, un esercito resta a casa a consolarsi (chi s'accontenta gode) con canotto e fantasia, remigando acque domestiche. Per sei che partono, ci sono... le fotografie e un po' d'invidia. Ma, via, non immeschiniamo la speranza: domani forse toccherà anche a noi! Toccherà a noi una crociera di tredici mesi, lunga 25 mila chilometri d'oceano Atlantico, a bordo d'un fantastico trimarano, toccando posti da favola, lontani dalla scuola, dallo smog, dal miniappartamento, dalla gita di fine settimana, dal cinema pieni di . fumo, lontani da... Lontani!

L'Architeuthis, l'imbarcazione sulla quale è stata compiuta la crociera di 
cui si parla nel servizio, è uno scafo piuttosto singolare: un trimarano. 
E stato per tredici mesi l'abitazione di Gérard, Annette, Pierre, Monique, 
Yves e Brigitte. 

Già, forse domani toccherà a noi a voi. Ieri, intanto, è toccata a sei giovani francesi, tre coppie: Gérard e Annette Pesty, Pierre e Monique Raison, Yves e Brigitte Gladu.
Tutti sotto i trent'anni, tutti uniti dal comune amore per il mare e da vincoli di parentela (Gérard è fratello di Monique e di Brigitte), i componenti deli'equipaggio dell'Architeuthis hanno vissuto piu di un anno una realtà che per molti è un sogno.

Anche se non sono mancati i momenti difficili, la vita a bordo dell'Architeuthis 
si è sempre svolta senza incidenti; un po' per l'affiatamento delle tre coppie 
che costituivano l'equipaggio e un po' perchè lo spazio disponibile era 
ampiamente sufficiente per non far sentire i disagi di una lunga convivenza. 
In alto, Gérard Pesty, capo della spedizione. Sotto, impegnate in rammendi,
 le tre donne di bordo, Annette, Monique e Brigitte, rispettivamente moglie e 
sorelle di Gérard.

Lungo diciassette metri e largo otto, con una superficie velica di circa centoventi metri quadrati e dotato d'un motore ausiliario da quarantacinque cavalli, il trimarano Architeuthis ha fatto in piano il suo dovere, resistendo bellamente. anche ad alcuni violenti fortunali. La rotta, studiata con molta attenzione anche dal punto di vista economico (nessuno dei sei vive di rendita;il viaggio è stato finanziato dai risparmi personali), ha portato gli avventurosi dalle coste bretoni a Madeira, alle Canarie, alle isole del Capo Verde, alle coste del Venezuela (dove è stato risalito per lungo tratto il fiume Orinoco), alle Antille, alle Bahamas, alle Bermude e, infine, dopo aver nuovamente solcato l'Atlantico, alle Azzorre. Qui, una sosta di tre mesi ha reso meno amaro l'inevitabile ritorno alla Francia, al continente, alla vita di tutti i giorni.

Brigitte durante il suo turno al timone, mentre controlla la rotta.
 
Per raccontare tredici mesi come quelli dei nostri amici, ci vorrebbe un libro. E, infatti, un libro è stato scritto. Autobiografico, naturalmente e, altrettanto naturalmente, marinaro. E pubblicato in Francia e si intitola La croisière verte (Una crociera verde). Verde. Verde delle onde del mare, verde d'incantevoli istanti di vegetazione, verde, infine, delle... tasche degli avventurosi al loro ritorno ai patri lidi.

Alle Azzorre, un arcipelago portoghese situato tra l'America del Nord e 
l'Europa, Gérard e compagni si sono fermati circa tre mesi.

Qui il tempo può essere assai mutevole: in un sol giorno si possono.., assaporare tutte e quattro le stagioni.

Ma se il verde è stato il colore dominante dell'indimenticabile viaggio, bisogna dire che i suoi protagonisti ne hanno viste di tutti i colori. I migliori? Quelli di certi angoli incontaminati di splendido mondo. I peggiori? Quelli dei rifiuti prodotti dall'uomo e dall'uomo scaricati delittuosamente in mare. «Ci è capitato spesso», racconta Gérard, «quando eravamo nel mezzo dell'oceano, di sentirci quasi in un altro mondo. Purtroppo bastava poco a riportarci alla realtà della vita che avevamo lasciata. Bastava poco... contenitori di plastica, scatole di latta, imballaggi vari, lampadine fulminate.,. L'oceano, anche quando la terra più vicina è cosi lontana che quasi se ne smarrisce il ricordo, è sconsolatamente un immenso deposito di rifiuti!» Chissà se dovremo tutti fare tredici mesi di crociera atlantica per renderci conto che stiamo davvero esagerando, che il mare, l'oceano, non può e non deve essere una pattumiera. E questione di vita.

Alcuni momenti della lunga crociera (25 mila chilometri) attraverso l'Atlantico.
 In alto., un tucano, mascotte di bordo. Sopra: l'offerta gastronomica di un giovane 
abitante delle isole del Capo Verde. A sinistra: uno dei tanti pesci  volanti atterratl 
sull'Architeuthis e... passati in padella. Sotto: un indigeno al lavoro lungo le sponde 
del fiume Orinoco.