Published on Autosprint No. 7/1992, 11-17 February 1992
Pubblicato su Autosprint No. 7/1992, 11-17 Febbraio 1992
Il personaggio: Michael Schumacher
A tutta birra
Lo paragonano al primo Senna, ma lui ci va piano... Poi, tra i ricordi della pista di kart dove è cresciuto, l'uomo su cui la Sauber punta tutto per il suo programma F.1 nel '93 si sbottona e annuncia il suo credo: andare sempre al limite
MAHNEIM - A vederlo gironzolare per la pista di kart di Manheim, quattro case emergenti dalle nebbie che avvolgono la campagna ultrapiatta attorno a Colonia, lo si direbbe un ragazzo qualsiasi che nel tempo libero si diverte a fare qualche sbandata con il sedere a dieci centimetri da terra. Poi lo segui più attentamente: apre con le chiavi il piccolo bar a lato pista; va verso una baracca sul retro dalla quale fa uscire un cane nero che non vedeva l'ora di correre nei campi gelati; manovra con perizia i tanti kart di ogni tipo accatastati in un garage improvvisato. Sarà il figlio del gestore della pista, pensi. A pochi verrebbe in mente che questo giovanotto in jeans e giubbotto di pelle sia il pilota di Formula 1 più osservato del momento, quello che la Benetton stringe a sé come un tesoro e che la Sauber (ma sarebbe forse meglio dire la Mercedes) ha già indicato come suo pilota numero uno per i Gran Premi nei quali debutterà il prossimo anno. Siamo venuti in questo angolo di Germania, a pochi chilometri da Belgio e Olanda, per scoprire come sia nell'intimità di casa sua questo giovanotto che negli ultimi sei Gp del '91 ha fatto scomodare miti ormai polverosi come il giovane Senna o addirittura il Villeneuve (ma senza i suoi indimenticabili voli) degli inizi in Ferrari. Dove trae l'energia e l'ispirazione, questo Schumacher, per andare sempre cosi forte, in modo naturale, con il sorriso sulle labbra?
«Penso che molta gente sia entusiasta perché nel '91 ho fatto un buon lavoro - Michael mette subito le mani avanti - ma vorrei non si dimenticasse che quest'anno la situazione sarà diversa. Ci si aspetta da me di più di quanto ho fatto vedere lo scorso anno, ma ciò e sbagliato. Quest'anno in pista ci saranno nuove realtà, come la Ligier-Renault o la Dallara con motore Ferrari: non sappiamo come andranno, non sappiamo come andremo noi con la Benetton. Mi piacerebbe dire: nel '91 ho fatto quattro punti in sei gare, quest'anno ne farò di più. Ma non posso nemmeno pensarlo: spero di concludere tanti Gp».
- Resta il fatto che tutti, nell'ambiente, sono rimasti sorpresi da quanto veloce, subito e costantemente, tu sia andato. «Si - ribatte subito, senza un piccolo dubbio - nessuno, nemmeno io, poteva aspettarsi certe prestazioni. Ma non dimentichiamo che ho fatto solo sei gare, ne ho finite solo tre: non ho tanta esperienza e finirò per fare qualche errore. Penso sia inevitabile: ho 23 anni a devo imparare. Guarda il caso di Alesi: nel 1990 fece grandi cose e per it '91 si pretendeva the fosse più veloce di Prost. Ciò non è successo, anche se Jean ha ugualmente fatto un ottimo lavoro».
La visita d'obbligo alla pista di kart dove Michael ha mosso i primi passi
come pilota; nel karting, Schumacher è stato «solo» vicecampione mondiale,
ma lo considera una disciplina molto formativa per un aspirante pilota F.1
- Eri cosciente di quanta attenzione ci fosse su di te?
«Sì, ma non mi dava fastidio. Ho sempre guidato senza avvertire pressione su di me. Beh, forse ero un po' nervoso al via in Giappone, dopo l'incidente in prova che mi aveva causato male a un braccio. Ma per il resto ero tranquillo. E lo sono anche adesso, anche se so che forse la pressione si farà sentire, un giorno o l'altro. Mi fa paura la gente che si aspetta troppo da me, non vorrei deluderla».
- Ti reputi un pilota instintivamente super-veloce?
«So che ogni volta che sono in pista penso che potrei andare più veloce - anche questa volta nessun dubbio, nessuna pausa di riflessione: tedesco fino in fondo questo Schumacher... - Ma è un fatto tecnico: spesso la vettura non consente di raggiungere il tuo limite personale. Solitamente vado in pista e faccio il mio giro: raramente mi fermo a riflettere sul giro precedente, sugli errori che magari ho fatto pensando poi a come correggerli. Esco dai box e via: è un fatto naturale».
- Non ti sei mai trovato in difficoltà?
«Beh, al primo test con la Jordan prima del mio debutto in Belgio. Quei primi tre giri a Silverstone furono pazzeschi: con tutte quelle vibrazioni, i freni così potenti, tutto così veloce... Non ci ero abituato. Pensai: la F.1 è proprio dura. Poi mi fermai ai box, parlai con i tecnici, mi rimisi un po' dalla sorpresa e tornai in pista: al quindicesimo giro segnai il miglior tempo e da lì in poi restai sempre su un buon livello. A Spa non ricordo un giro (in prova, perché la mia gara finì ben presto) in cui mi sia mai trovato in difficoltà, anche per un attimo. Tutto era così facile...».
I trofei sugli scaffali sembrano tanti, ma sono solo una piccola parte di
quelli che ha vinto..
- Ma il Schumacher più eccitante arrivò tre Gran Premi dopo, in quei primi giri sgomitando con Senna e Mansell in Spagna...
«Sì, ma ancora non ero al limite. Quella fu una situazione anomala, perché fui molto aiutato dalle gomme. Le Pirelli della mia Benetton erano perfette, quel giorno, sull asfalto umido dei primi giri. Mentre le Goodyear in quelle condizioni ebbero bisogno di parecchi giri per adattarsi bene, io con le Pirelli potei subito fare qualsiasi cosa. Ecco perché andai così forte: merito dei pneumatici, anche se poi presto si deteriorarono e dovetti abbassare il mio ritmo».
- Qual è il tuo stile preferito di guida?
«Una guida pulita, senza dubbio. In questo mi ha insegnato tantissimo il Gruppo C, dove bisogna risparmiare il carburante, le gomme. Dopo la mia prima esperienza in Gr. C, ricordo che tornai in F. 3 e mi trovai molto, molto migliorato. Penso che la formula sia semplice: bisogna andare al cento per cento, e il tempo viene fuori. Si può anche andare al centodieci per cento, a volte. Ma equivale ad andare al novanta per cento: prima o poi ti trovi sempre a dovere rimediare a qualche piccolo errore, a una imperfezione, ed ecco che hai gettato via il piccolo vantaggio che ti eri procurato magari con una staccata da crepacuore. Una volta sentii Gerhard Berger dichiarare, in una intervista, che la sua vettura era in quel caso più veloce di quanto il suo limite di pilota gli consentisse. A me non è mai successo».
- Hai da poco compiuto 23 anni (Schumacher è nato il 3 gennaio 1969, ndr) e sei sulla cresta dell'onda, al massimo livello. Quando hai iniziato a pensare a un possibile futuro in F.1?
«La prima volta che ci pensai fu nel 1989. La Ons (l'ente automobilistico tedesco, ndr) mise in palio un test con la Zakspeed F.1 per il pilota che avesse vinto Zeltweg F.3. Vinsi io. Ma poi non se ne fece nulla: evidentemente Zakowski aveva a quel tempo altri problemi cui pensare... Prima di allora, ho praticamente sempre pensato solo al karting, la mia passione di sempre dato che iniziai a correrci quando avevo 4 anni».
- Come iniziò questa passione?
«Mio padre amava trafficare con la meccanica, con l'ambiente delle corse, e a quei tempi preparava qualche kart con motore motociclistico per ragazzini. Iniziai così: andavo fortissimo perché ero piccolino, pesavo meno dei miei avversari. A sei anni ero già campione di club. Mi divertii fino agli undici anni, fino al 1980. Poi finirono i soldi e mio padre non poté più permettersi di farmi correre. Lì iniziarono i miei colpi di fortuna. Gerhard Noack, proprietario del kart-shop che c'è in questo kartodromo, prima acquistò il mio kart, poi vedendomi triste ce lo rivendette a metà prezzo. Mio padre gli disse che comunque non sapeva come fare a portarmi in giro sui kartodromi della Germania, e Noack si propose di seguirmi lui: pagava e mi assisteva il kart. Insieme vincemmo un sacco di gare. Poi arrivò un altro sponsor: Jurgen Dilk, una delle persone piu importanti della mia vita. Iniziò a seguirmi facendomi correre: lui si accontentava di tenere i trofei che vincevo. In tutto, nel karting, ne avrò conquistati 400: me ne sono rimasti pochissimi. Dilk iniziò a seguirmi nel 1983 e arrivò a presentarmi ad Adolf Neubert, che era l'importatore per la Germania della Kali Kart. Anche Neubert mi fece correre gratis: arrivarono un sacco di vittorie, titoli nazionali e uno europeo, più uno di vice campione del mondo».
- Quando ci fu il passaggio alle monoposto?
«Nel 1987 mi proposero un test di Formula Ford: io accettai, perché no? Provai in dicembre a Hockenheim e dopo due ore di test segnai 1'12"9. Il proprietario del team disse che non era niente male. Era stato vicecampione europeo e volle scendere in pista lui: fece 1'14"5. Scese dalla macchina e mi fece firmare un contratto per la stagione '88. Ma c'erano comunque da pagare 25.000 marchi, che io non avevo. Per fortuna Dilk disse: pogo io, se poi troviamo uno sponsor li recupero. Feci la stagione e arrivai quarto nel nazionale e secondo nell'europeo».
- Da lì alla Formula 3 come andò?
«Allo stesso modo. Willy Weber (attuale manager di Schumacher, ndr), mi propose un test in F.3. Andammo al Nürburgring in agosto e il test andò benissimo, con una Reynard '87, quella guidata da Franz Hexler, uscii e al primo giro sul nuovo tracciato feci 1'42" e qualcosa, quando il record di Hexler era quel giorno di 1'41"5. Al quindicesimo giro feci segnare 1'39"5. Ma devo ricordare una cosa: Hexler era un fornaio, aveva lavorato tutta la notte e quindi aveva guidato per tre ore verso il Nürburgring: in quelle condizioni come poteva andare veloce? Comunque Weber mi fece subito firmare un contratto per due stagioni, 1989 e '90, con il team Wts di Formula 3. Arrivai terzo in campionato tedesco il primo anno, poi lo vinsi alla stagione successiva».
- Poi la Mercedes Gr. C, quindi, nel '91, la Formula 1...
«Sì: Neerpasch voleva farmi fare una esperienza di Formula 1 e Jordan ci propose di guidare in Belgio la monoposto del povero Gachot che era finito in carcere. Poi arrivò la Benetton. Il resto lo sanno tutti».
- Ma resti un pilota Mercedes, nonostante un contratto con la Benetton. Ora come andranno le cose? (Questa intervista è stata effettuata lunedi 3 febbraio, cioè un giorno prima dell'annuncio Sauber circa il suo arrivo in F. 1 nel 1993).
«È vero: il mio contratto con la Benetton è fino al 1995, ma la Sauber può riscattarmi. Non potrebbe farlo quest anno, ma dal 1993 in poi, sì. E comunque - il tono è quantomai risoluto - l'ultima parola resta mia: sarò io a decidere con chi gareggiare e quando».
- Tuo fratello corre in kart. Ha dimostrato di andare forte anche lui?
«Sì, Rolf ha solo 16 anni ma sul circuito di casa - quello dove la madre Elizabeth gestisce il bar, ndr - è già più veloce di me. Ma voglio che faccia almeno un'altra stagione piena nel karting: è questa la specialità più formativa per un futuro pilota. Dopo tanti e tanti anni di karting, ora mai, dico mai, mi trovo in alcuna condizione di difficoltà in pista. Bisognerebbe fare di più per il karting».
Schumacher impegnato con la Benetton nella stagione del suo sorprendente debutto
- Le corse non hanno mai danneggiato la tua vita di studente?
«Beh, in realtà ho sempre pensato solo al kart e alle corse. Dopo le scuole medie, a sedici anni, ho fatto un corso meccanico di due anni che mi avrebbe permesso, se non avessi potuto continuare a gareggiare, almeno di lavorare sui motori».
- Com'è la tua vita qui a Kerpen?
«Perfetta: questo è l'unico posto dove sto veramente bene, dove riesco a ricaricare le batterie dopo tanti giorni di trasferta in giro per il mondo. Non faccio nulla di particolare: frequento gli amici di sempre, vado in bicicletta per tenermi in allenamento, dato che non posso fare jogging perche ho qualche problema alle ginocchia. Poi qui sto con la mia ragazza».
- Come si chiama? Non la si è mai vista ai Gran Premi...
«Hhmm, non importa come si chiama. No, non è mai venuta in pista perché ci sto insieme da tre mesi, da dopo l'ultimo Gp».
- Ti vuoi sposare presto, e magari avere dei figli?
«Ah ah - clamoroso: prima risata - non sono stupido. Se vuoi bene a una persona ciò non
rende obbligatorio il matrimonio. Poi non farei mai figli prima di avere finito con le corse».
- Cioè quando? Dopo quanti titoli di campione del mondo?
«Beh, sono contento che la pensiate così. Ma preferisco non pensarci, quantomeno per scaramanzia: nel karting il mio obiettivo era un titolo iridato e non ci sono riuscito, solo un secondo posto. Stavolta non voglio rischiare».
Michael Schumacher nella sua Mercedes (ovviamente... )
con la cagnetta Sally
- È vero che la Ferrari ha tentato di affiancarti ad Alesi quest'anno?
«Non è vero. Da metà dicembre in poi sono stato in vacanza e quando sono tornato Weber mi ha detto che qui era scoppiato un putiferio: la Ferrari mi voleva, la Williams mi voleva, la McLaren mi voleva, la stampa era agitata... Beh, non so con la Benetton, ma con me o con it mio manager la Ferrari non si è mai fatta sentire. E così la Williams e la McLaren. Magari è vero che mi vorrebbero, ma certo non prima del prossimo anno. Io ero in vacanza alle Seychelles, sull'isola di Mahè, con la mia ragazza: ero arrabbiatissimo perché pioveva sempre, tanto forte da non potere uscire dall'hotel eccetto gli ultimi quattro giorni. Da lì in poi il tempo è stato eccezionale e abbiamo potuto andare al mare, fare immersioni. Soprattutto non pensare neppure un attimo alla Formula 1...»
Roberto Boccafogli
(fotografieErcoleColombo)
Nel suo palmares manca la F.3000
Non vince solo dove... non corre!
Tre momenti della carriera di Schumacher: nella foto a sinistra è in F.3, categoria nella quale vinse nel '90 il titolo tedesco; al centro sulla Mercedes GrC, che nel '94 ha diviso con Wendlinger dopo l'apprendistato con gli «anziani» fatto l'anno prima; a destra è sulla Jordan che lo ha visto debuttare in F.1 a Spa (fotoAction/Orsi)
Qual è il momento più difficile nella carriera di un «fenomeno»? Sicuramente la seconda stagione, quella nella quale deve confermare le buone cose fatte vedere al debutto. Ma per Michael Schumacher, classe 1969, nativo di Hürt-Hermülheim in Germania, il successo non è arrivato solo con la F.1. L'unica categoria che non lo ha visto brillare (ma solo perché l'ha saltata a piedi pari... ) è la F.3000: per il resto, il giovane Michael ha sempre saputo imporsi. Dai kart, nei quali iniziò a correre da bambino per arrivare a 14 anni a laurearsi campione tedesco Junior, per poi divenire vicecampione mondiale l'anno dopo e vincere i titoli nazionale ed europeo nell'87; alle formule minori, che lo hanno visto imporsi nel campionato F.Koenig tedesco (1988) e arrivare secondo nell'europeo F.Ford; per passare poi alla difficile F.3 del suo paese d'origine, dove nell'89 e nel '90 si è scontrato con gente del calibro di Frentzen e Wendlinger, facendosi superare sul filo di lana da quest'ultimo nel primo anno ma vincendo poi alla grande il titolo la stagione successiva. In contemporanea, quasi a voler bruciare tutte le tappe, c'è l'esperienza maturata con lo Junior team Mercedes in Gruppo C: una stagione a fianco del «vecchio» Jochen Mass per apprendere i trucchi del mestiere e poi via, nel '91, in coppia con Karl Wendlinger, un equipaggio di giovanissimi che ha avuto la soddisfazione della vittoria di Autopolis, l'unica per le Stelle d'Argento l'anno scorso. A coronare il tutto, ovviamente, arriva la Formula 1, quasi un passaggio obbligato: prima il Gp di Spa-Francoforchamps con la Jordan, al posto di Gachot (gara conclusa quasi subito); poi, la complessa vicenda che l'ha portato in Benetton. E adesso, un'altra stagione con il team angloveneto ma con la figura della Sauber, «orfana» della Mercedes ma non dei finanziamenti stanziati in precedenza, che si staglia già per il '93.