7 August 2013

Il personaggio: Nigel Mansell

Published on Autosprint No. 8/1992, 18-24 February 1992
Pubblicato su Autosprint No. 8/1992, 18-24 Febbraio 1992

Il personaggio: Nigel Mansell
Bocca di fuoco
  La lunga pausa invernale non gli ha tolto la voglia di vincere. E neanche quella di parlare a ruota libera di sé e degli avversari senza risparmiare le sue bordate su certi episodi...


DIDCOT - «È la prima volta in dieci anni che riesco a vivere come un essere umano»: Il Mansell che, rilasato e disteso, parla a ruota libera di se stesso, del mondiale alle porte e degli episodi più controversi di quello passato, somiglia appena all'uomo nervoso e tirato dell'autunno scorso, quando dava la caccia alle residue speranze di agguantare un titolo sfuggitogli per troppe volte. Il lungo periodo di riposo, la possibilità di starsene finalmente in pace, con la sua famiglia, nella casa che ha comprato in America, il caldo e il sole della Florida gli hanno ricaricato le batterie: «La cosa più bella, per me e per i miei, di vivere negli Usa è che quasi nessuno ci riconosce. Posso andare da McDonald's con i bambini, fare la spesa, persino andarmene a Disneyworld. Cose che non potevo fare nemmeno sull'isola di Man... Ma devo dire che la casa è solo per l'inverno; ora forse riuscirò a passarci qualche giorno prima di Kyalami e del Gp Messico. Comunque ho trovato un nuovo modo di vita, una fame di vivere, un appetito per tante cose, che prima non avevo». L'appetito, in effetti, non sembra essergli mancato: Frank Williams insiste perché perda qualche chilo prima del mondiale... «Ma no, sono più in forma di quanto non sia mai stato prima di un Gran Premio. Con il tempo che c'è in Florida sono riuscito ad andare in bicicletta, ad allenarmi, a giocare a golf. E anche a mangiare le cose giuste. Non peso più dell'anno scorso, anzi forse nello stesso periodo ero quasi due chili più grasso. E non dimenticate che per anni sono stato il più pesante dei piloti di F.1, per cui è uno svantaggio che ho sempre dovuto affrontare». Uno svantaggio che non gli ha impedito di stracciare il'record dell'Estoril nei test di febbraio, con la Williams Fw14 equipaggiata di sospensioni attive. Come va il suo affiatamento con questo sistema? «La sospensione provata in Portogallo utilizza una tecnologia completamente nuova, che si è mostrata promettente. Sono cambiati parametri, così come uno dei computer di controllo, e di conseguenza anche il comportamento della monoposto è differente. Purtroppo non è ancora possibile sdoppiare tutti i circuiti per garantire maggior sicurezza in caso di guasto».
- E la frizione a comando automatico?
«La macchina monta ancora il pedale sinistro, ma l'obiettivo finale è la sua eliminazione. Al momento è possibile utilizzare il sistema tradizionale oppure no, ma il comando automatico è molto interessante ed evita di sbagliare una partenza. Farà comodo a Riccardo...».

- Come pensi che sarà la situazione in qualifica, con la scomparsa delle gomme da tempo?
«In alcuni circuiti penso che sarà molto dura. A Budapest, per esempio, così come a Montecarlo e a Imola. Con le gomme a mescola dura sarà possibile effettuare molti giri con ogni treno, e avremo un sacco di traffico in pista. Difficile fare il tempo, e anche pericoloso».

- Come andranno le cose fra te e Patrese? Avrete lo stesso materiale?   
«Non ci saranno ordini di scuderia, così come l'anno scorso. La Williams è uno dei pochi team a comportarsi in maniera onesta con i suoi piloti. Così, anche se sarò io ad avere due vetture disponibili a gara, lui può stare sicuro che la sua sarà altrettanto buona. È un riconoscimento al suo talento».


Mansell sulla Fw14

 - A parte Riccardo, c'è chi ti aiuta nel programma di test?
«Si: Damon Hill, il nostro collaudatore, sta facendo un lavoro magnifico: non avevo mai capito quanto fosse dedito al suo compito finché non abbiamo provato insieme. Mi auguro di vederlo presto in gara nel mondiale con la Williams, magari l'anno prossimo; il suo unico problema, poveretto, sono i piedi troppo grandi. Mi sa che li ha presi da suo padre...».
- Che squadra temi di più per il prossimo campionato?
«Al solito, vedo favorita la McLaren-Honda; ma tutti i top team dovranno lavorare molto sull'affidabilità, pensare a fare punti nelle prime gare».    
- E il pilota che ti darà più filo da torcere?
«Lo sappiamo tutti chi è:, c'è un solo pilota - che può avvicinarsi al limite quanto me, ed è Ayrton Senna. Non vorrei essere frainteso, ma credo di essere l'unico che può impegnarlo fino in fondo: l'abbiamo dimostrato in molte occasioni l'anno scorso. La sua abilità? Non sta a me giudicare, non è corretto per un pilota dire ciò che pensa di un collega. Una delle cose che sento dire riguardo a me e lui è che io devo lavorare sul mio stile di guida, che non ho la naturalezza di Ayrton. Beh, io dico questo: se a not piloti non venisse istintivo fare le cose che facciamo, non riusciremmo ad andare veloci». 
- Sei rimasto impressionato dal record di Prost al Ricard?
«No. C'erano quindici gradi in più rispetto a quando aveva girato Patrese. Se non si gira in condizioni di temperatura e di pista identiche, i tempi non significano niente. Per quanto ne so, Prost e la Ligier sono ancora lontani, e infatti quando Alain ha girato assieme a Riccardo era circa un secondo e mezzo piu lento. I tempi che ha fatto dopo vanno bene per dar qualcosa da scrivere a voi giornalisti...».
- Se Prost guiderà effettivamente la Ligier, c'è rischio che la Renault dedichi più attenzione a loro che a voi?
«Il nostro rapporto, di squadra e mio personale, con la Renault è ottimo, e migliora costantemente. Sono lieto di dire che i motori per la Ligier saranno costruiti in un'altra fabbrica, per cui tutt'al più lo sviluppo sarà anche piu rapido».
- E della situazione attuale di Prost che cosa pensi? Se lui e Piquet dovessero effettivamente restare fuori dalla F.1...
«Non posso dire niente di Prost. Ha giocato per un sacco di tempo con tutto il mondo, con la stampa e con i suoi fans. Aspetto di vedere come andranno le cose. Non sta a me neanche atteggiarmi a giudice e fare commenti se un tre volte campione del mondo resta fuori dall elenco degli iscritti. Ogni professionista dovrebbe essere responsabile delle sue azioni; forse arriva per tutti un periodo nel quale bisogna decidere di ritirarsi. Ma non voglio dire che sia il caso di Prost e Piquet adesso. Per quanto mi riguarda, non ci voglio neanche pensare, non mi interessa. Voglio solo pensare a vincere almeno il titolo Costruttori insieme con Riccardo e spero di vincere anche il mondiale piloti. E credetemi, concentrarsi su questo richiede molte, moltissime energie».
- Dopo tanti anni, quanto conta ancora per te il fatto di diventare campione?
«Con ventuno vittorie nei Gp e tre secondi posti nel mondiale, dovrei essere soddisfatto. Ma la mia risposta è che il titolo iridato conta ancora per me come per qualsiasi altro pilota. E se guardate indietro nel tempo, vedrete che io e Senna saremmo stati molto piu vicini l'anno scorso se i regolamenti non fossero cambiati: e sappiamo tutti chi è stato a cambiarli! Chi è che negli ultimi anni ha finito piu gare di tutti?».

Mansell dopo Montreal '91: che rabbia...

 - È possibile che voi, alla Williams, non abbiate lo stesso potere di agire - per così dire - dietro le quinte che hanno alla McLaren?
«Non voglio fare commenti. Ma perché hanno cambiato i regolamenti in modo che fossero valide per il conteggio dei punti tutte e 16 le gare invece di 11? C'era solo una squadra che poteva avvantaggiarsene. So che sono cose da non dire alla leggera, ma non mi importa...».
- Che parte ha avuto la McLaren nella squalifica dell'Estoril l'anno scorso?
«Forse non tutti lo sanno, ma in Portogallo io fui squalifcato solo perché la Fisa ricevette pressioni dalla McLaren dopo che ero rientrato in zona punti. Ecco perché mi permisero di fare venti giri dopo quel famoso cambio gomme, prima di darmi la bandiera nera. Finché ero fuori dai punti, alla McLaren e a nessun altro interessava che fossi in gara. Ma quanto entrai nei primi sei, e si accorsero che avrei potuto concludere sul polio, chiesero ai commissari di squalificarmi. Forse minacciarono una protesta, o qualcosa del genere».
- E cosa accadde, dopo, al briefing del Gp di Barcellona, quando fosti criticato da Senna?
«Credo di averlo messo in agitazione. Ero l'unico in grado di impensierirlo per il titolo e a lui, ovviamente, questo non andava; è umano. Al briefing in Spagna io me ne stavo tranquillo: quello che era successo all'Estoril, tanto, era visibile a tutti nelle registrazioni. Io non accusavo nessuno, e presi le sue osservazioni come un complimento, un segno della sua preoccupazione e se non fosse successo qualcosa in qualcuna delle gare precedenti - Spa, Estoril, appunto, Montréal... - credo che sarebbe stato anche più preoccupato».
- Ma c'erano altri, in quel briefing, che si erano agitati...
«Quello fu in seguito alla squalifica dell'Estoril. Flavio Briatore della Benetton mi stava difendendo perché avevo subìto un'ingiustizia: Alesi aveva commesso la stessa infrazione e non l'avevano squalificato. Perché, chiedevano Briatore ed altri, c'è una regola per la Williams e una per la Ferrari? E da lì è partita la reazione di Senna, e di quelli della Ferrari, e di tutti... Io facevo solo notare, nel modo più educato possibile, che si usavano due pesi e due misure. Non voglio pronunciarmi, ma molti avevano avuto l'impressione che il cambio gomme di Alesi non fosse stato corretto, con tutte le ruote entro la linea bianca della corsia box. E poi, pensate che sia giusto quello che mi è capitato all'Estoril? Non pensate che ci vorrebbe più flessibilità nell'interpretare certe regole? Quando sei fermo sulla corsia box con la vettura su tre ruote, è più pericoloso riportarla ai box e montare una gomma nuova che effettuare l'operazione sul posto. Quando hai già perso 45-50 secondi è un handicap sufficiente. Ed essere squalificato in quel modo, quasi alla fine, fu una delusione terribile. Specie se un concorrente come la Ferrari aveva avuto un simile problema senza ricevere squalifica. Direi che c'è stata una... licenza artistica in quella decisione».


- L'anno scorso avevi previsto che la Williams sarebbe stata superiore su alcuni circuiti. Cosa puoi dire per questa stagione?
«Ah, già, ricordo di aver detto che per il '91 eravamo favoriti a Montréal. Sarà meglio che quest'anno ci stia più attento...». 
- Tornano i brutti ricordi: hai qualcosa da imputare a te stesso per il '91?
«Certo: in Canada feci spegnere il motore all'ultimo giro, e fu davvero un brutto errore; mi viene da piangere a ripensarci. A Spa uno dei meccanici montò un particolare non verificato e avemmo una panne elettrica. Forse anche a Estoril avrei dovuto rendermi conto che stavo uscendo dai box senza il dado della ruota. Voglio prendermi la mia parte di colpa, perché siamo davvero, tutti, parte di una squadra. Ma l'unica vera responsabilità per cui potrei muovermi delle critiche è per aver osato troppo in Giappone. Sapevo di avere un problema al pedale del freno e non mi sono concesso un margine di errore. Ma dopotutto, fino a quel momento era andato tutto bene... E in fondo e stata una stagione molto positiva».
- Sei sempre cosi speranzoso per il '92?
«No. (Una lunga pausa). Ho dei bei ricordi, e altri meno belli, del '91. Quest'anno la McLaren sarà velocissima e affidabile a inizio stagione. Si vede che hanno fiducia in se stessi perché non fanno niente, non dicono niente, non provano insieme agli altri. Hanno delle sorprese in serbo per tutti. Ma ne abbiamo anche noi e la Elf. Le prime tre corse mostreranno la situazione delle forze in campo. Ma penso che il divario tra noi e la McLaren sia stato colmato; non credo che Ayrton possa distanziarci come fece l'anno scorso nei primi quattro Gp».
- I tuoi rapporti con lui sono migliorati. Fino a che punto?
«Penso di essere maturato negli ultimi anni, e abbiamo grande rispetto l'uno dell altro. In Australia parlammo a lungo, prima della gara, della pioggia e del nostro futuro. Leggo molte cose delta rivalità tra noi due, e non sono vere. Ma qualche volta, in un brutto momento, qualcuno viene a dirci "sai, lui ha detto questo e quello di te". E allora è facile commettere l'errore di rispondere: Ah, sì? Se ha detto questo è idiota. Poi questo qualcuno torna da Ayrton a riferire... ed ecco pronta una storia per i giornali».
- Per quanto tempo ancora continuerai a correre?
«Ho già delle offerte per il '93 e il '94 - non voglio dire se si tratta di F.1 o di qualcos'altro - e finché ho chi mi appoggia l'entusiasmo non verrà meno. Il giorno the saprò di non essere più così veloce, o di stare perdendo la motivazione, lo saprete anche voi. Ma non dimenticatevi: mi sono già ritirato una volta, non devo farlo ancora».
- Come mai hai rinunciato a spostarti con il tuo jet personale?
«Oggi trovo più comodo farlo con gli aerei di linea. Con quello privato, che non aveva sufficiente autonomia per traversare l'oceano, perdevo un sacco di tempo per il rifornimento. E poi ho avuto problemi con i piloti: se andavo nel migliore albergo volevano andarci anche loro, se avevo un pass Foca - l'unico - loro me lo chiedevano. Sono fatti cosi questi maledetti piloti».
Mike Doodson


LA GRINTA FUNAMBOLICA DI UN LEONE DA... CIRCUS

Non mollare mai: una frase che riassume il credo agonistico di Nigel Mansell e che giustifica quell'affermazione, a prima vista un po' arrogante, «sono il solo che può arrivare al limite contro Senna». Che cos'è che trasforma, agli occhi del pubblico, un pilota in un «leone», un combattente che non si rassegna mai? Chi segue la F.1 da qualche anno ha ancora impresse nella mente le immagini di un pilota in tuta scura che spinge con la forza della disperazione la sua Lotus-Renault, con il differenziale rotto, verso il traguardo a Dallas '84, fino a cadere stremato dallo sforzo. Ed è solo una delle tante sequenze da brivido di un film, quello di Nigel, che continua tuttora. La sua rimonta dalla sesta fila al Gp d'Ungheria '89, in un circuito proibitivo per i sorpassi, la beffa ai danni di Senna, complice il doppiato Johansson, flno alla vittoria (la seconda di Mansell in Ferrari), fanno ormai parte della storia dei Gp. E ancora: Imola 1990, Nigel scatenato all'inseguimento di Berger tenta il sorpasso in un punto impossibile, a velocità pazzesca, mette due ruote sull'erba, si gira e riesce, in pochi attimi da arresto cardiaco, a rimettersi in pista e a riprendere la sua caccia. Sempre contro l'austriaco, nello stesso anno, compie l'ennesima prodezza nelle battute finali del Gp Messico, agguantando il secondo posto alle spalle del compagno di squadra Prost con un sorpasso all'esterno all'ultima curva che sfida tutte le leggi della fisica. Quella di attaccare in punti considerati impossibili (ricordate i sorpassi ai danni di Prost a Montecarlo e a Magny-Cours nella stagione appena trascorsa?) sembra essere la caratteristica dell'inglese. Uno che quando sbatte sbatte duro, ma che lo fa tutto sommato di rado, nella lotta sul fllo dell'equilibrio che lo ha reso, se non sempre il più efficace, certo il più funambolico pilota del Circus odierno.
(fotografie Orsi)

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